Prima ed indiscutibile regola del bdsm: S.S.C


1

Non userai mai nei miei confronti il verbo "voglio", ma lo sostituirai con "desidero", "vorrei", "mi piacerebbe", "spero che", etc.
Hai infatti abdicato alla sua volontà, accettando di sottometterti, e hai consegnato a me il tuo potere decisionale. Decido io della tua sessualità e della gestione della tua emotività.

2
La combinazione di disciplina e punizione fa parte dell'addestramento che ti imporrò.
La disciplina mostra e rafforza il comportamento da me richiesto.
La punizione mostra la mia abilità (o capacità) nel controllarti e nel manifestare la mia disapprovazione, facendo in modo che tu modifichi il tuo comportamento errato.

3
Le limitazioni della parola, ovvero:

1) imparare a stare in silenzio
2) parlare soltanto se interpellato
3) richiedere ed attendere il permesso per parlare o porre domande
4) imparare forme specifiche di risposta quali “si Signora", "va bene Signora", "grazie Signora", senza usare mai l'espressione "ok" troppo confidenziale).
5) non contestare mai gli ordini nè chiederne le modalità di esecuzione nè esitare nell'eseguirli.

Anche il linguaggio aiuta a scatenare emozioni.
A fianco delle limitazioni di parola, c'è il tuo dovere di usare un linguaggio esplicito e chiaro, per dimostrare di aver superato le barriere psicologiche e la paura di apparire emotivamente vulnerabile.

Non avrai segreti per me, non devi tenermi nascosto nessun pensiero o desiderio o emozione, voglio conoscere le tue fantasie e le tue chimere, le tue aspirazioni e i tuoi desideri.
Il linguaggio esplicito corrisponde alla tua completa nudità mentale.

Per contro, la mia assoluta libertà di parola esprime il dominio cerebrale su di te. Utilizzerò vocaboli forti,, sempre nell'ambito del rapporto S/M, perchè questo incrementa l'erotismo e la complicità e rafforza il tuo legame emotivo con me ....

4
La formula di saluto in chat potrebbe ricalcare questo schema, libermente modificabile secondo la sensibilità personale:

"Buongiorno/Buonasera Signora, sono XXX, iscritto al sito YYY, l'ho vista online ma, non volendo disturbarla, resto in attesa di un suo cenno se vorrà parlarmi".

Il piacere nel dolore - Le sensazioni della schiava

ero voltata di schiena, con la faccia al muro, mentre alla frusta seguivano colpi di cane.

La pace ho imparato sta oltre il dolore. Il segreto che muta la pietra in oro, l’anello mancante, è l’oltrepassare il dolore. Dopo che è stato assimilato, il dolore scompare e dà avvio alla trasformazione. Il piacere, da solo, è un’effimera soddisfazione. Una contingenza, che si esaurisce in un soffio di candela. Il piacere vero, è un’anestesia lungo tutto un cammino verso qualcosa di più alto, più profondo, più intoccabile. Un cammino impervio al confine con un’irraggiungibile verità, verso un infinito conoscere se stessi.

Il dolore non può mentire, non ne è capace: se io mento, sopraggiunge l’incapacità a sopportare. E cosa rende più puri e più vicini alla pace dell’essere se non l’incapacità di mentire? Se non la libertà dal condizionamento di essere emotivamente in un modo o in un altro?

Il dolore tanto è più puro, più completo, fisico e mentale, più porterà sull’orlo della follia. E la follia è libertà incondizionata.

La disperazione, la tristezza, la rabbia, non hanno alcuna possibilità quando il dolore passa attraverso.

Il dolore non può raccontarsi se non lo si conosce, poiché non gli si saprebbe dare la stessa risonanza. Né se ne può dire con chiarezza quando ancora se ne sente l’ebbrezza, o quando del dolore è rimasto solo il ricordo. Giacché il desiderio, la nostalgia, ne deformerebbero la verità con la vanità e con il rimpianto.

Il dolore aumenta la concentrazione. La ricettività accentua l’azione, non la svilisce, non è letterale passività: seppure si fosse immobili e in silenzio. Il dolore penetra e impedisce alla volontà di sapere, di controllare, di comprendere, di analizzare. Il dolore costringe all’apertura, alla vulnerabilità, all’abbandono.

E il passaggio è come un dono. Come una gratificazione. Una sorpresa. Una sorpresa travolgente e sollevante.

Il dolore mentre trasforma, fa trovare quel qualcosa o quel qualcuno cui sussumere il proprio io, la propria volontà, il proprio essere mortali e definiti. Riconduce la vertigine della vita in piccolezza, a parte del tutto, è una sinéddoche scritta, e svincola le proprie responsabilità. Le riduce all’impossibilità di tenerne conto. Il dolore rende agnostici, incapaci di assumere una qualunque posizione.

Il dolore è un viaggio verso l’eternità.

E dopo, riecheggia indimenticabile dentro.

Il dolore, l’indesiderabile per antonomasia, l’antiromantico, non lo è per me: la cui idea di idillio inizia in ginocchio, con lo sguardo basso, in indefinibile attesa.

Il dolore è un demone, ma una volta che il centro del terrore è stato violato, si scopre che la paura è infondata. Si trova il sentiero proibito, l’originaria via seguita da Eva: l’estasi.

Una delle verità della sottomissione, della sua bellezza, della sua potenza.

Avere la terra promessa, in senso reale e metaforico.

RABBIA E PAZIENZA - pensieri della Lady

“Quando una persona non controlla la mente, o non la protegge con il rimedio della meditazione

(riflessione e concentrazione) o della psicologia, la rabbia sorge a causa delle impronte lasciate dalla

rabbia passata e dalla condizione esterna dell’incontro con cose non razionalizzate.

E' la mente che dà una interpretazione negativa a una situazione, con l’argomentazione e rezione negativa. E noi crediamo a tali argomentazioni e attacchiamo un’etichetta spiacevole all’oggetto, o al soggetto o la situazione in causa.
provocando così il sorgere della rabbia. Dunque, la nostra mente crea l’oggetto della rabbia. Perciò, il nostro nemico e ciò a cui reagite sono invero (in verità) prodotti della vostra stessa mente.

La principale causa della rabbia è l’impronta negativa della rabbia passata che risiede nella coscienza

mentale. La rabbia sorge se non si ha alcuna pazienza verso l’oggetto o il nemico. E’ solo un diverso

modo di pensare da parte della persona che vi è affezionata e vi vuole bene.

La pazienza fa sì che etichettiate in modo positivo un’esperienza negativa. La pazienza genera una

mente positiva, colma di pace e sana. ”

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"I saggi son pietosi anche verso chi è privo di qualità; la luna non toglie la sua luce dalle case dei fuori casta" Hitopadesa, Raccolta di Novelle Sanscrite


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"Chi ha un perché per vivere può sopportare tutti i come " F. Nietzsche